La nascita della ceramica nel borgo di Castelli si deve soprattutto alle caratteristiche naturali del territorio, in particolate l'abbondante presenza di cave d'argilla, boschi di faggio per la legna e forni, i corsi d'acqua, giacimenti di silice. La tradizione ceramica si è sviluppata a Castelli già in epoca etrusca e poi favorita dalla presenza dei monaci benedettini che producevano suppellettili di uso quotidiano. Nel territorio le tracce di antiche ceramiche appartenenti alle epoche più remote dimostrano come il sorgere di una tradizione manifatturiera non sia sbocciata dal nulla, ma abbia avuto la sua preistoria e la sua protostoria. Durante il Medioevo, con la nascita vera e propria del nucleo abitato, certamente si avvia anche la produzione di ceramiche, per lo meno di stoviglie di uso comune. È opinione di molti studiosi che un ruolo importante dovette assumere l’Abbazia benedettina di San Salvatore, collegata con lo stile di altri centri italiani.
Tra la fine del XV e l’inizio del secolo XVI le fabbriche castellane avevano già un certo giro di affari e intrattenevano scambi culturali con altri centri della penisola, tra cui Faenza e Napoli.
La produzione ingobbiata e graffita viene abbandonata nel primo trentennio del Cinquecento, in seguito all’impulso determinante della bottega Pompei, grazie alla quale i prodotti ceramici castellani si trasformano da imitazioni legate al consumo locale in espressioni morfologiche e decorative originali. Ai vertici della produzione rinascimentale dei centri italiani ed europei si colloca “La Madonna che allatta il bambino”, opera più strettamente pittorica di Orazio Pompei del 1551, il monumento datato più importante dell’arte castellana.
La mostra del 1989 “Le maioliche cinquecentesche di Castelli” tenutasi a Pescara ha segnato in modo definitivo anche l’attribuzione a Castelli del corredo Orsini Colonna, anch’esso imputabile alla bottega dei Pompei. Il più straordinario monumento della maiolica di Castelli, definito da Carlo Levi “La Sistina della Maiolica italiana” è il soffitto della chiesa di San Donato, datato 1615-1617, vero e proprio momento di svolta della ceramica castellana. Con il Seicento, con l’esordio dello stile nuovo inaugurato dal compendiario – istoriato di San Donato, inizia la seconda stagione aurea della maiolica castellana, ad opera principalmente di due dinastie che per quasi due secoli terranno alto il nome del piccolo centro abruzzese, quella dei Grue e quella dei Gentile, diffondendo la produzione anche in altri centri. Inoltre esistono altre famiglie di ceramisti, come i Cappelletti, i De Martinis, i Fraticelli, i Guerrieri, i Pardi, i Fuina.
Con l’Ottocento il messaggio artistico di Castelli rischia di scomparire a causa della concorrenza della porcellana, della produzione incalzante di tipo industriale e, soprattutto, per il tramonto della bottega tradizionale, dove avveniva la formazione artistica e tecnica.
Si propose allora la fondazione di una scuola per rieducare i giovani all’arte del disegno. Dopo un primo tentativo, poco duraturo nel 1847, viene fondata, nel 1906 la “Scuola d’arte applicata alla Ceramica”, che nel 1960 diviene Istituto Statale d’arte per la Ceramica F.Grue. Da allora, il recupero della tradizione locale di grande spessore storico-artistico, continua ad essere fonte di ispirazione per la produzione attuale delle numerose fabbriche artigianali, delle botteghe e dei laboratori, che propongono un ampio ventaglio di tipologie e stili, dalla rielaborazione di motivi cinquecenteschi e seicenteschi alle proposte più attuali.