“Capitale della ceramica d’arte d’Abruzzo” è la definizione più adatta per descrivere il caratteristico borgo montano, situato a circa 500 m s.l.m. su di uno sperone alla confluenza del torrente Leomogna con il fosso Rio ed è incorniciato da colline e monti ricoperti di boschi rigogliosi e dominato dal Monte Camicia, dal Prena, dal Brancastello e dal Gran Sasso.
È famoso in tutta Italia ma anche all’estero per la lunghissima e gloriosa tradizione legata alla ceramica, tant’è vero che quasi tutte le famiglie sono impegnate in questo settore e nel Comune sono presenti il Museo della ceramica e il Liceo artistico per il design della ceramica, i quali forniscono un importante impulso alla tradizione antica e gloriosa.
Castelli è uno dei borghi più antichi dell’Appennino teramano. Il suo territorio fu abitato già da popoli italici, mentre nel periodo romano fu inclusa nell’ager atrianus alle dirette dipendenze di Atri, la città più fedele a Roma in Abruzzo.
Quando cadde l’Impero romano d’occidente, le popolazioni abruzzesi, anche di questo comprensorio, iniziarono a trovare riparo sulle colline e sulle montagne che offrivano modi più efficaci per difendersi dai saccheggi e dalle invasioni provenienti dall’esterno.
Anche nel territorio di Castelli si registrò questo fenomeno e, in particolare, dalla vallata sottostante l’attuale borgo, gli abitanti si ritirarono sui poggi più impervi dei rilievi appenninici, circondati peraltro da boschi rigogliosi e difficilmente penetrabili. Da qui, quindi, l’antico toponimo Li Castelli, fatto oggi cristallizzato nel gonfalone comunale in cui sono rappresentate tre torri su un castello aperto.
Fondamentale, per Castelli e l’intero territorio, fu anche la presenza dei Benedettini che diedero un contributo fattivo alla vita delle popolazioni disperse in un comprensorio vasto e difficile attraverso la preghiera, la cura dei boschi, il valore della cultura, il piccolo artigianato, mediante l’utilizzo dell’argilla per la costruzione di utensili domestici.
Nel 1340 Castelli, insieme alla contea di Pagliara e alla Valle Siciliana, fu possedimento della famiglia degli Orsini per poi subire diversi passaggi di mano a causa dell’ostilità e delle guerre tra Francia e Spagna per la supremazia in Italia.
Nel 1524, a seguito della sconfitta dei Francesi, gli Orsini perdettero la baronia che andò al duca di Sessa e due anni più tardi fu sollevata al rango di marchesato per volere dell’imperatore Carlo V, il quale la donò al generale spagnolo Ferrante Alarçon y Mendoza come premio per il suo comportamento eroico in occasione della battaglia di Pavia. Castelli quindi fu integrato nel marchesato della Valle Siciliana e vi rimase fino alla fine della feudalità di inizio Ottocento.
Oltre ai piatti tipici della cucina montanara del teramano, un piatto tipico di Castelli è costituito dalle “tacconelle” che si ottengono impastando la farina di grano duro con acqua e uova, spianando la massa con il matterello e tagliandola in forma irregolare (per questo sono conosciute anche come “maltagliati”) e condite con sugo di maiale, preferibilmente in bianco. La ricetta tradizionale prevede che siano accompagnate dalle “voliche”, un tipo di verdura che si può trovare nei boschi circostanti il borgo.
Mercato: Lunedì
Gemellaggi: Cerreto Sannita (entrambe città della ceramica).
Sito Web: http://www.comune.castelli.te.it/
- Befaro
- Carrara
- Case Sparse
- Castelli (Paese)
- Colledoro
- Convento
- Faiano
- San Rocco
Auto
Provenendo dall’A14 (uscita ai caselli di Teramo/Giulianova o Roseto degli Abruzzi) da cui dista circa 40 Km o dall’A24 Roseto – Roma – L’Aquila – Teramo, con uscita al casello di Colledara/San Gabriele, da cui dista 13 Km. È percorribile anche la strada pedemontana, panoramica e suggestiva che collega il paese con il versante aquilano (Campo Imperatore) e pescarese (Rigopiano, Farindola, Penne).