Il borgo di Canzano è situato su una collina dalla quale si può ammirare un panorama suggestivo sulla vallata sottostante e la catena montuosa del Gran Sasso. L’abitato è composta da palazzi signorili, case cinquecentesche, chiese di pregio e resti ancora ben visibili dell’antica cinta muraria da cui spicca un torrione ben conservato.
Molto suggestivo e caratteristico il centro storico, a cominciare dal fitto reticolo di grotte che si snoda lungo il paese, vere e proprie “celle frigorifere” ante litteram destinate un tempo alla raccolta dell’acqua piovana e alla conservazione delle derrate alimentari.
Sul Colle Castellano si erge la splendida chiesa barocca della Madonna dell’Alno, dove secondo la leggenda la Vergine apparve per ben tre volte a un contadino, mentre sul luogo della prima apparizione si erge la piccola chiesetta del “Perdono”. Nella chiesa romanica di San Salvatore sono custoditi gli affreschi trecenteschi attribuiti al Maestro di Offida.
Oltre che per il suo notevole patrimonio-storico culturale, Canzano è rinomata per la produzione artigianale dei merletti e del ricamo, tradizioni tramandate dalle donne del paese con passione e pazienza mirabile.
Quest’arte si inserisce perfettamente nella cultura e nella civiltà contadina e rurale del borgo che prevedeva il lavoro nei campi durante i mesi più caldi e soleggiati e le tante attività domestiche durante quelli freddi.
Una di queste era proprio il ricamo, lavoro svolto dalle donne insieme alla tessitura vera e propria, al lavoro ai ferri e al rinnovo del corredo di casa. Il tutto finalizzato a raggiungere l’autosufficienza familiare per non dover acquistare all’esterno dei beni e quindi spendere i pochi soldi che si avevano.
La fondazione di Canzano sembra risalire all'epoca romana: nei suoi pressi furono infatti rinvenuti avanzi di mura, frammenti decorativi architettonici, capitelli e mosaici riferibili a una villa di epoca imperiale.
Già nel 1898 era stata rinvenuta una tomba romana con varie monete.
Il nome Cansanum appare nel Catalogus Baronum (1150), con riferimento a una proprietà del feudatario Mattaleone. Dal documento si evince inoltre che il paese aveva già una certa estensione, e comprendeva oltre settanta famiglie: era, evidentemente, una delle numerose "incastellazioni", con militi, a guardia della vallata.
Nel 1229 il Monastero di San Salvatore in Canzano appare come dipendenza del Monastero di San Salvatore Maggiore di Rieti.
Per molto tempo la proprietà fu divisa tra i da Canzano e gli Acquaviva.
Nel 1316 la lotta tra Cicco di Acquaviva e Matteo di Canzano rese necessario l'intervento del Re Roberto d'Angiò in qualità arbitro. I da Canzano persero progressivamente il loro potere a vantaggio degli Acquaviva che, tuttavia, dovettero dividerlo in seguito con i de Mendoza.
Nel 1654, in seguito agli accordi intercorsi, le due famiglie si riservarono alternativamente la competenza della pre-positura di San Salvatore. Luogo fortificato già dell'epoca medioevale, nel se. XVII il castello di Canzano fu parte di una linea difensiva che comprendeva anche Castellalto, Bellante e Sant'Omero.
Ancora oggi è conservata la cinta muraria con un torrione merlato, al cui interno si può leggere la data 1472.
Due porte, la Porta Nuova e la Porta Madonna, consentono l'ingresso al nucleo antico dell'abitato. Molti palazzi signorili e le case cinquecentesche. Da notare la Casa Taraschi con l'interessante portale settecentesco. Uno stemma settecentesco della famiglia Taraschi appare dipinto in uno dei quadri conservati nella chiesa della Madonna dell'Alno.
Il piatto che senz’altro contraddistingue Canzano è il tacchino alla canzanese, in uso nel borgo e nel territorio circostante almeno dalla metà del XIX secolo e ormai conosciuto anche all’estero. Il piatto è semplice, ma la delicatezza nella sua preparazione sta nella cottura e nella speziatura.
La leggenda narra che, proprio in virtù della sua leggerezza e delle proprietà nutritive, il tacchino alla canzanese fu uno dei piatti selezionati dai nutrizionisti della NASA per accompagnare la missione di Neil Armstrong sulla luna. Gli Space Food System Laboratories scelsero questa ricetta italiana che, particolarmente magra e digeribile, fu ritenuta fra le più adatte a nutrire Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins durante lo sbarco sulla luna nel ‘69.
Tra le mille preoccupazioni di un’operazione così ardita, gli astronauti americano poterono ritagliarsi qualche momento per gustare una prelibatezza d’Abruzzo, sebbene in versione liofilizzata.
L’antica ricetta
Si utilizza solo la femmina del tacchino, perché ha carni più tenere e saporite e un peso lordo intorno ai 6-7 Kg. Dopo aver pulito bene e eviscerato l’animale, occorre separare le carni dalle ossa partendo dallo sterno.
Anche la legatura del busto, pur sembrando facile, in realtà abbisogna di movimenti precisi e armonici appresi dalla tradizione locale tramandata di generazione in generazione. Una volta legato, il busto viene sistemato nella teglia con le sopraccoscie disossate, i filetti di petto, le cosce e le ali. Pure le ossa della carcassa, rotte e frantumate per dare maggior intensità al brodo, vanno sistemate nella teglia.
Si aggiunge l’acqua, però senza ricoprire completamente le carni, e l’aglio, l’alloro, il pepe a chicchi e il sale. La cottura è una via di mezzo tra arrostitura e lessatura e deve iniziare a fiamma molto alta per rosolare inizialmente il tacchino. Una volta girato il pezzo, la cottura va avanti per otto-nove ore, durante le quali le carni devono essere girate di frequente.
Alla fine, la parte di brodo residua deve essere separata dalla carne, sgrassata e ripulita da tutte le impurità. A questo punto si disossano anche ali e cosce. Il brodo così preparato, ancora caldo, viene fatto raffreddare insieme alla carne a temperatura ambiente e poi lasciato riposare in frigorifero dove diverrà gelatina.
Il tacchino così pronto viene tagliato solo poco prima di essere servito con la sua gustosa gelatina. È consigliabile associarvi un contorno a base di carote e zucchine appena sbollentate in acqua e aceto e conservate in olio extravergine d’oliva.
Sito Web: http://www.comune.canzano.te.it/
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Auto
- Da Nord
Dall’A14 direzione Ancona, uscire a Teramo/Giulianova/Mosciano Sant’Angelo, prendere la SS 80 Strada Statale del Gran Sasso in direzione Teramo, continuare sull’autostrada A24, uscire a Val Vomano, prendere la SS 150, attraversare Piano di Corte e proseguire seguendo indicazioni per Canzano. - Da Sud
Dall’A14 direzione Pescara, uscire a Roseto degli Abruzzi, proseguire sulla SS 150 verso Montorio al Vomano, prendere poi la SS 26B per Canzano. - Da Pescara
Percorrere la SS 16 in direzione di Chieti, continuare in direzione dell’A14, uscire a Roseto degli Abruzzi, proseguire sulla SS 150 verso Montorio al Vomano, prendere poi la SS 26B per Canzano. - Da Chieti
Percorrere la SS 81, imboccare l’A14, uscire a Roseto degli Abruzzi, proseguire sulla SS 150 verso Montorio al Vomano, prendere poi la SS 26B per Canzano.
Treno
È possibile raggiungere Canzano anche in treno visto che ha una fermata dedicata. Dalla stazione di Giulianova si prende il treno regionale in direzione Teramo e si scende alla fermata Castellalto-Canzano. Tempo di percorrenza 20 minuti circa. Da lì occorre prendere un autobus che in pochi minuti conduce al paese.