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Alle Gole del Salinello, tra Campli e la montagna dei Fiori, a due passi da Civitella del Tronto la cui fortezza è collegata da una linea immaginaria allo storico Castel Manfrino, si intrecciano storia, leggende, tesori custoditi, figure mitiche e grotte dell’era paleolitica, usate dagli eremiti per condurre una vita solitaria e casta, seguendo i dettami religiosi.
LE LEGGENDE DELL' EREMO
Sul sentiero che conduce alle gole si trova la grotta di San Michele Arcangelo, luogo in cui si praticava il culto del Santo, noto nei testi biblici per aver ucciso il diavolo con le sembianze di un Drago, nonché luogo di esorcismi e superstizioni. All’interno della grotta, abitata dai pipistrelli nell’anfratto più buio, si trova ancora un altare in pietra usato per i rituali legati al culto.
Lo studioso Concezio Rosa esplorò la grotta alla fine dell’800, rinvenendo ossa e resti di uomini primitivi, come le selci lavorate nell’età della pietra, e suppose che fosse stata usata come abitazione durante il paleolitico. In seguito la grotta è stata luogo di processioni, in cui i fedeli s’impossessavano della “manna” per guarire gli ammalati di reumatismi.
Tra gli eremiti che hanno vissuto questo luogo leggendario si narra di Malco, un asceta che con preghiere e rituali di purificazione liberava gli ammalati dalle presenze demoniache; sembra che egli sia apparso a coloro i quali hanno avuto dubbi sullo stile di vita eremitico che stavano conducendo nella grotta.
LOTTA TRA BENE E MALE
La tradizione orale racconta anche del periodo in cui Francesco D’Assisi abitò la grotta, dal 1215, e lottò con il diavolo nell’eterno scontro tra bene e male, nel punto più grigio della valle. Accadde una sera che il Santo tornando alla grotta dopo aver predicato, venne aggredito da una moltitudine di pidocchi inviati dal diavolo; per difendersi Francesco fece partire una folgore dal suo bastone che colpì in fronte il diavolo, posizionato dall’altra parte del fiume: il diavolo precipitò nella cavità del fiume, morendo sul colpo. A riprova di ciò sono ancora visibili le impronte delle mani e dei piedi del Santo sulla roccia in cui si poggiò, e nella collina di fronte c’è il foro da cui precipitò il diavolo.
CASTEL MANFRINO
A Macchia da Sole, nella Valle Castellana, un sentiero (ex mulattiera) conduce a Castel Manfrino, ora un rudere perimetrale dal fascino misterioso, un tempo “castrum” romano a guardia della “via del sale”, occupato poi dai Longobardi. La fortificazione fu edificata da uomini giganteschi, i Paladini di Francia, su orine di Re Manfredi di Svevia, ultimo re svevo di Sicilia (1232-1266) e figlio di Federico II, che temendo invasioni dai confini volle costruire mura di cinta inespugnabili.
Re Manfredi però aveva mire espansionistiche scomode a Papa Urbano IV, infatti venne scomunicato ed il suo regno dichiarato illegittimo, e perse la vita nello scontro tra guelfi e ghibellini per mano di Carlo I d’Angiò, durante battaglia di Benevento nel 1266.
Gli scavi degli anni ’70 hanno rinvenuto frammenti di ceramica decorata e monete di epoche diverse e secondo una ricostruzione il castello aveva un grande torrione angioino a Nord, la torre Sveva a Sud (verso Civitella del Tronto) vicino all’ingresso, con un’aquila imperiale di pietra sul portale, mentre la torre centrale era il luogo dell’abitazione che fungeva da ultimo rifugio in caso di attacco: una scia di fuliggine all’esterno della torre centrale fa supporre che in questo punto veniva preparato l’olio bollente da versare sui nemici.
FANTASMI E TESORI
La leggenda narra che Re Manfredi avesse nascosto il suo tesoro dietro un enorme macigno che blocca una cavità naturale, in fondo alla gola; il tesoro in monete d’oro, argento e rame è custodito da un monaco che, in fondo alla grotta, attende il comando di una fata di bianco vestita che tesse e disfa la lana.
Chi vuole impossessarsi del tesoro deve sapere che può portare via solo le monete di rame per prime, e può prendere quelle in argento dopo tre anni, per poi poter tornare a prendere quelle d’oro dopo altri tre anni.
Infatti nel corso dei secoli si sono susseguiti trovatori di tesori che hanno tentato di impossessarsene, perdendo la vita, perché prendendo subito le monete d’oro la porta d’ingresso si richiude lasciando che il malcapitato perisca al suo interno.
Alcune persone sostengono che i fantasmi dei malcapitati si aggirino ogni notte a Sant’Angelo in Volturno, luogo di culti rupestri della montagna dei Fiori.
LU MAZZEMARILLE
È un esserino piccolo quanto un bimbo vestito in abiti quattrocenteschi, simile ai personaggi del “Signore degli anelli”, e che in molti tutt’ora giurano di aver incontrato. Si dice che sia dispettoso, che per entrargli in grazia bisogna essere gentili e simpatici o regalargli un paio di scarpe, che lo si possa ricattare rubandogli il cappello, perché “Li Mazzemarille” sarebbero custodi di tesori nascosti, e sono poco predisposti a rivelare i loro segreti, ma possono portare fortuna a chi li incontra.
La storia più recente è raccontata da uno speleologo che aveva l’abitudine d’incamminarsi per i sentieri della Laga con il suo amico che cercava il tesoro di Re Manfredi all’interno del Castello.
Una soleggiata mattina di primavera i due erano a Piano Maggiore, di fronte ai ruderi del Castello, e mentre si esploravano il pianoro vennero attratti da una chiesa abbandonata diroccata. Decisero di curiosare al suo interno prima di riposare un po’, ma trovarono solo paglia e legna. All’improvviso il ricercatore s’impietrì di colpo, come rapito in sogno, si guardò intorno come se conoscesse quel luogo, e rapido iniziò a cercare qualcosa, corse in fondo alla cappella come se conoscesse bene il luogo ed iniziò a frugare tra la paglia, trovando due candelabri dorati in legno; afferrandoli tornò in sé stesso, per lui fu come svegliarsi dal sonno. Uscirono dalla chiesa e si ritrovarono avvolti nella nebbia che aveva coperto il sole primaverile.
Il ricercatore si sentiva disorientato quando sentì una presenza alle spalle, impaurito si girò e, tra meraviglia e paura, si trovò di fronte un piccolo Mazzemarille che lo fissava: l’esserino riusciva a roteare velocemente fianchi e manine senza muovere i piedi saldi a terra. L’uomo rimase di nuovo impietrito mentre il Mazzemarille lo salutava e gli suggeriva di andare a cercare il tesoro ad “Osso Caprino”, la parte alta della montagna, offrendosi di accompagnarlo nel luogo in cui sarebbe stato sepolto.
Terrorizzato, il ricercatore, rifiutò l’invito e se la diede a gambe mentre il Mazzemarille scompariva nella nebbia: non cercò più il tesoro e chi volesse avventurarsi deve sapere che spesso i mazzemarille mentono!
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