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Nel secolo passato capitava spesso di vedere le donne abruzzesi che indossavano collane di corallo, soprattutto nella zona del teramano. Collane che quasi sempre le donne ricevevano in dono dalla suocera qualche giorno prima delle nozze con l’augurio dei migliori auspici per la nuova coppia di sposi, a cui la futura suocera associava una frase propiziatoria ““Ije te l’appenne, ije te l’allacce, a la fine dell’anne nu fije maschie”.
Un’altra colorita filastrocca era: “Nghe la cullane rosce e grosse te vasce cchiù che posse, nghe la cullane rosce e grosse te leve pure l’osse, nghe la cullane rosce e grosse te porte là la fosse”.
Ed è a Giulianova, nel 1884, che la famiglia Migliori, avendo compreso l’importanza e il valore del corallo, dopo aver imparato le tecniche di lavorazione a Torre del Greco e a Livorno, aprì un laboratorio per mettere in pratica una tecnica del tutto particolare: “lo sfaccettato”, attirando artigiani che provenivano da tutta Italia e che ben presto diventò famosa in tutto il mondo.
Famose erano le collane, che avevano grandi pietre rosse o di gradazioni diverse che andavano dall’arancio al rosa, oppure potevano avere pietre più sottili, che si avvolgevano intorno al collo con più giri, anche con la funzione di scacciare "il malocchio".
Il laboratorio dove si lavorava il corallo ha funzionato fino al 1935 e si trovava nel viale dello Splendore; vi lavoravano fino a 150 dipendenti e quasi tutte donne.
A seguito del conflitto mondiale, la produzione di queste pietre entra in crisi, ma alcuni intrepidi giuliesi continuarono la tradizione lavorando monili intagliati a mano quali cammei, rosari e collane per i committenti locali.
Una delle discendenti, la signora Margherita Migliori, che ha vissuto a "Villa Migliori" fino alla vecchiaia, amava spesso aprire le porte a giornalisti e a chiunque volesse fare delle ricerche sulla sua famiglia ed è grazie a lei che sappiamo che agli angoli della sua abitazione vi erano, fino a un po' di tempo fa, residui di corallo, che erano stati scartati dal laboratorio vicino.
Lei stessa ha raccontato, in un'intervista che le è stata fatta da uno dei tanti studiosi che hanno potuto visitare la sua dimora, che il colore rosso dei decori del pavimento, costituito di mattonelle in graniglia, era stato realizzato con la polvere del corallo del loro laboratorio che suo padre aveva inviato al produttore di quei pavimenti.
Tutta la villa parla del corallo, dalla pavimentazione a una strofa di un antica poesia incisa sulla parete del salone che i Migliori dedicarono alla loro attività: “Giù, nel mare profondo, per mani operose, vai corallo pe’l mondo ad adornar le spose”.
Nel 2016 sono stati trovati al suo interno alcuni documenti relativi al commercio dei preziosi, risalenti agli inizi del 1900, che sono conservati nella Biblioteca di Palazzo Bindi.
Foto del quadro di Pasquale Celommi “Tornando a casa”
Sempre a in questa Villa, nel 1860, soggiornò il re Vittorio Emanuele, pochi giorni prima dell’incontro a Teano con Garibaldi. Ma allora i proprietari della villa erano i Duchi Acquaviva d’Aragona, e in memoria di questo avvenimento resta un monumento costruito in Piazza Belvedere e realizzato dallo scultore locale Raffaello Pagliaccetti.
A cura di Fabiola Carusi
Foto tratta dal Catalogo Beni Culturali della Soprintendenza